domenica 25 febbraio 2018

Prima di lasciarsi definitivamente anche per quest’anno il carnevale alle spalle, forse vale la pena ri-ascoltare un’altra volta una delle più riuscite celebrazioni di una sua amatissima maschera. Nel 1981 usciva “Rock’n roll robot” di Alberto Camerini e la figura dell’Arlecchino Elettronico entrava prepotentemente nell’immaginario della canzone italiana.

https://www.youtube.com/watch?v=suQBZzcO0TQ

Chi celebrava Camerini? Con le sue stesse parole, Arlecchino è l’“eroe dei perduti e dei dispersi” aggiornato ad una (ante-litteram) versione 4.0, molto punk, molto digitale, “un terminale video che ti informerà”, “di plastica e d’acciaio che non si ferma mai”. E però, in questa canzone, è forte anche tutto il portato culturale legato alla figura di Arlecchino: umile ma scaltro lavoratore, il servitore di due padroni eternato dalla Commedia dell’arte.

Recentemente, in una città della ex Cecoslovacchia, mi è capitato di vedere un'insegna su un palazzo che recitava: “Robotnický dom” (che significa “Casa dei Lavoratori”). A ricordarmi che la parola “robot” deriva dalla lingua ceca e significa proprio “lavoro” (“lavoro pesante” per la precisione) e che fu poi adottata internazionalmente nella prima metà del novecento per significare “automa”, “macchina antropomorfa”. E che mi pare renda perfetto il connubio tra l’Arlecchino lavoratore e il robot rock’n roll celebrato magistralmente più di trent’anni fa da uno straordinario creatore di canzoni.


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